Sapevate che Arthur Conan Doyle, il creatore di Sherlock Holmes, credeva negli spiriti?
E che scrisse un trattato sull’esistenza delle fate?
Sì, proprio lui, avete capito bene.
Scommetto che sono molte le cose che non sospettereste mai sul suo conto…
Una beffa del destino
Arthur Conan Doyle non fu solo il creatore del più celebre degli investigatori: scrisse anche opere di genere fantastico, soprannaturale, d’avventura, di fantascienza e del terrore, oltre a diversi romanzi storici. Proprio in questi ultimi sperava che sarebbe consistita la sua eredità letteraria.
Cercate di immaginarvelo mentre dice: “Se fra cento anni mi conosceranno solo come l’inventore di Sherlock Holmes, potrò dire che la mia vita è stata un fallimento”.
A pensarci ora, queste parole suonano come una singolare beffa del destino: una beffa dorata, certo, ma pur sempre una beffa.
Sedute spiritiche e fate
Uomo di scienza e di lettere, medico e scrittore, Conan Doyle racchiudeva in sé queste due polarità: se da un lato, infatti, creò il personaggio che tutti associamo alla razionalità e al rigore del metodo deduttivo, dall’altro fu un grande sostenitore dello spiritismo.
L’autore scozzese credeva nel contatto con i morti e nelle fate.
Devastato dalla morte del figlio e del fratello durante la Prima Guerra Mondiale, Conan Doyle abbracciò il concetto di spiritualismo e partecipò a diverse sedute spiritiche, pur venendo per questo deriso pubblicamente dai suoi contemporanei.
Nel 1922 pubblicò The Coming of the Fairies, in cui difendeva a spada tratta due sue cugine adolescenti che sostenevano di aver fatto amicizia con un gruppo di fatine alate.
Una singolare amicizia
Il famoso scrittore, inoltre, strinse amicizia con Harry Houdini, che credeva dotato di veri poteri psichici e in grado di compiere autentiche magie. Houdini, da parte sua, non credeva nei medium e sfruttò l’amicizia di Conan Doyle per incontrarli e smascherarli.
A causa di questa divergenza d’opinioni, il loro rapporto si guastò irrimediabilmente e il grande illusionista cominciò così a denigrare pubblicamente Conan Doyle: dopo uno scambio di lettere scortesi, i due non si parlarono mai più.
E a proposito, è in arrivo una serie tv, Houdini and Doyle, che vedrà i due indagare fianco a fianco su misteri inspiegabili…
Sherringford, anzi no, Sherlock
Sherlock Holmes rischiò di non chiamarsi così: il suo autore l’aveva inizialmente battezzato Sherringford Hope.
Fu la moglie Louisa (che lo trovava un nome orribile) a convincerlo a cambiarlo: Conan Doyle scelse allora “Sherlock” in onore del suo musicista preferito, Alfred Sherlock (un violinista, guarda caso!) e “Holmes”, per via del giurista Oliver Wendell Holmes, che aveva pubblicato un libro di psicologia criminale.
Nuovo look per l’investigatore
In origine, anche l’aspetto dell’investigatore fu molto diverso da quello che oggi conosciamo.
Quando, nel 1887, uscì Lo studio in rosso, Doyle affidò le illustrazioni a suo padre, all’epoca rinchiuso in un istituto psichiatrico. Charles Doyle raffigurò Holmes come un uomo basso, grasso e barbuto. Solo in seguito i redattori della rivista Strand decisero di rifare il look al personaggio: il celebre illustratore Sidney Paget creò uno Sherlock slanciato, asciutto e perfettamente abbigliato, conferendogli quel fascino entrato poi nell’immaginario collettivo.
Elementare, Watson!
La celebre frase che Holmes rivolge al suo assistente fu un’invenzione dei posteri (compare per la prima volta in un film del 1907, The Return of Sherlock Holmes).
Nelle opere di Conan Doyle capita a volte che Sherlock esclami semplicemente “Elementare!” e solo una volta troviamo l’espressione “È elementare, Watson”.
Conan Doyle e lo sport
Conan Doyle era un grande appassionato di sport: eccelleva nel cricket, nel golf e nello sci, ma praticava anche la boxe, il baseball e il calcio. Nel 1884 fondò il Portsmouth Football Club, in cui giocò come portiere sotto lo pseudonimo di A.C.Smith.
Le ultime parole
Le sue ultime parole in punto di morte, rivolte alla seconda moglie Jean Elizabeth Leckie, furono: “Sei meravigliosa, moglie mia”.
Per saperne di più, vi consiglio lo spassosissimo Vite segrete dei grandi scrittori, di Robert Schnakernberg (Electa, 2014).